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mercoledì 1 giugno 2011

Una replica esagerata. Un risentimento ingiustificato

Dopo aver letto la lunghissima e articolata replica di Massimo Longo, mi è venuto un giramento di testa, mi sento tuttora stordito. Sinceramente, se dovessi replicare su tutto non ce la farei, primo perchè il mio livello culturale e professionale è nettamente e chiaramente inferiore al suo; secondo perchè non ho a disposizione, come lui, una schiera di avvocati con i quali consultarmi. Giusto l'indispensabile, insomma, per cercare di non fare la figura del miserabile.
Innanzitutto, la mia citazione del più popolare giornalista sportivo americano degli anni '80, Haward Cosell, il quale accumuna la professione della prostituzione a quella del giornalismo sportivo, non era affatto rivolta a Massimo Longo, ma alla categoria in generale, che negli ultimi tempi è caduta molto in basso. Preciso, inoltre, che la citazione l'ho ripresa da un testo sulla deontologia del giornalista, pubblicato dall'Ordine e dal Consiglio nazionale dei giornalisti (consiglio a Massimo Longo di darle una sbirciatina). Quindi, non è una mia invenzione. Se Massimo Longo si è risentito e ritiene di avere la coda di paglia è un suo problema. Ma certamente, ribadisco, non mi riferivo a lui, in particolare.
L'unico punto che mi sento di controbattere è quello relativo alla natura pubblica dell'as Bari. Il fatto che i tifosi paghino il biglietto e l'abbonamento, non li autorizza a ritenersi soci a tutti gli effetti di una società di calcio. L'as Bari essendo una Società per azioni la proprietà è solo ed esclusivamente di chi detiene le azioni, i tifosi sono semplici fruitori di uno spettacolo calcistico dal vivo, bello o brutto che sia. Insomma, affermare che l'as Bari sia una società pubblica significa far credere ai tifosi di essere azionisti del club, quando non è vero. Altrimenti, chi paga il biglietto e si abbona al cinema o al teatro dovrebbe ritenersi anch'egli proprietario del cinema e del teatro, in cui si reca ad assistere ad un film, una rappresentazione teatrale o un'opera lirica. Quindi, fare una affermazione del genere è pericoloso. E Massimo Longo, dall'alto e dallo spessore della sua cultura e professionalità, dovrebbe saperlo.
Infine, Massimo Longo deve sapere che io non ho la presunzione che gli altri condividano tutto ciò che dico e scrivo. E' evidente che, sul piano culturale e dell'esercizio della professione, siamo su sponde opposte. Sul piano personale e professionale, a differenza sua, non mi sbilancio in alcun giudizio.
Caro Massimo, io ho detto la mia, tu la tua, è giusto che siano i lettori a giudicare. E' evidente che abbiamo una concezione diversa su come esercitare la professione. Con la stima di sempre.
Leonardo Gaudio

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